giovedì 24 ottobre 2013

Abbazia di Breme



Se mia nonna mi avesse mai chiesto “Sei mai stato a Breme?” io probabilmente avrei risposto “Intendi Brema, in Germania?”.
Mai avrei pensato che esistesse un paese a così poca distanza da casa mia con cosi tanti piccoli segreti e tanto meno ci sarei finito se un giorno, con mio padre, non avessi deciso di andare a cercare un ristorante, Da Romè, in occasione di una comunione che da li a poco si sarebbe tenuta.
Giungendo alla rotonda vicino alla raffineria di Sannazzaro De Burgundi, mi accorgo di un cartello con un disegno stilizzato di una abbazia e la scritta Breme.
Accosto e diamo un occhiata e forte dell'intesa che ho con mio padre, non c'è voluto nemmeno uno scambio di opinione per dire “Andiamo”.
E cosi fra risaie e strade statali siamo arrivati in fine a Breme e, districandoci per le viuzze del borgo siamo arrivati fino alla piazza del municipio che si trova accanto all'Abbazia.



Il primo impatto lascia una sensazione strana al palato.
Come qualcosa che può rivelarsi saporitissima un secondo dopo così come insipida.
Infatti non è quello che ci si aspetta quando si pensa ad abbazia.






Il lato positivo è che non essendo “solo” una abbazia è aperta sempre.
Quello non negativo ma comunque inaspettato è la conversione di un'area in appartamenti.
Il tutto lascia un po' perplessi perché la prima cosa che ho pensato è stata che per quanto fosse bello poter girare il posto senza limitazioni di orario ne costo di biglietti, allo stesso tempo non volevo entrare nello spazio domestico di qualcuno.
Per questo i primi 5 – 10 minuti sono stati più di orientamento che altro.
Infatti abbiamo scoperto le varie stanze adibite a vario uso per la comunità nonché i bagni pubblici.
Sotto il porticato , oltre a varie lapidi e la storia della abbazia, c'erano anche bacheche con la storia e le attività locali che sempre mi affascinano quando torno in Italia.








Vedere quanto i piccoli borghi sanno ancora radunare i loro abitanti dietro attività e sagre è una cosa che i paesi esteri, specie quello britannico credo un po' ci invidino.
Ad ogni modo la prima sorpresa del posto è stata la Cucina dei Frati.





Non ero sicuro se fosse un refettorio per i poveri o una parte originale di come era storicamente la cucina dei frati.
Varchiamo con indugio la porta e scopriamo che è la seconda, una parte conservata come era nel passato.
Un interruttore in cima alle scale, posto vicino al mulinello di legno classico dei pozzi, accende una fioca luce lungo i gradini che scendono.

Tuttavia non svelano la sorpresa che si trova alla fine della rampa.




Infatti scesi in fondo ci si trova in questa cucina.
Un aparete e' dominata dal camino e se non fosse per la fioca luce e lampade strategicamente collocate per dare l'idea dei fuochi di cottura, sarebbe buio pesto.









 
La mancanza di legna che arde, pentolame, cibo e soprattutto diindaffarati monaci , sono l'unico segnale che non stiamo vivendo nel passato.
Non mi sarei mai aspettato una cosa così ben fatta e accessibile da chiunque a gratis.
Un po' mi ha dato da pensare e il pensiero era che se fossimo in Gran Bretagna minimo pagheresti 4 sterline di ingresso e ci sarebbe un centro visitatori!
Detto ciò visitiamo ogni angolo e sentiamo il profumo di storia trasudare dai muri.
Dopo esserci sentiti passare il tempo addosso risaliamo e continuiamo la perlustrazione.
Dalla parte opposta del chiostro si trova infatti un piccolo passaggio che porta... a due campi da tennis!
Lo so sembra assurdo ma quello che era un cortile una volta ora sono due moderni campi da tennis.
Ci sarebbe davvero molto da domandarsi ma non sono qui per indagare su permessi edilizi.
Più che altro scendiamo nella Cripta.
All'inizio scendiamo senza la luce e il tutto rende molto suggestiva la visone di queste colonne delinearsi nel buio con la fioca luce che penetra dalle finestrelle.









C'è un un buco circolare profondi circa 30 cm nel centro della stanza e alcune delle colonne sono di mattoni e altre di pietra , tipo granito.
In un anfratto del muro c'è una rientranza e una piccola luce illumina un ritratto della Madonna in una stanza che poteva benissimo essere stata un magazzino in precedenza.






Se non lo e stato ai suoi tempi lo e stato nei primi del 900 e lo si evince dallo stato della porta e da vecchie damigiane nascoste negli angoli.
È impossibile non fermarsi un attimo e pensare non tanto alla funzione religiosa del posto ma all'organizzazione di un posto così negli anni e a chissà quante persone hanno vissuto lavorato e pregato in questi posti.
Passata la fase di raccoglimento è ora di uscire ma non prima di aver respirato di nuovo a pieni polmoni l'odore stanco di una struttura una volta vibrante di vita.
Con un mix di sensazioni lasciamo il posto.

In conclusione credo che l'abbazia merita decisamente una visita, anzi non si può davvero ignorarla. Tuttavia penso che si possa apprezzare di più con una guida (ci sono visite guidate) che da soli.
Il fatto è che làabbazia lascia tanti quesiti quando è bella e interessante e ammetto che in futuro io stesso vorrei tornarci e sentire il tour guidato cosa racconta in più sulla storia che le iscrizioni su grosse lapidi commemorative e i dépliant accennano.

La bellezza della scoperta di un posto così e la sua casualità sono l'anima dell'esplorazione.

mercoledì 15 maggio 2013

L'eremo di Sant' Alberto di Butrio

Era tanto tempo che non tornavo sulle mie colline.
Come sempre alla ricerca dei posti un po' sconosciuti o semplicemente dimenticati in quest'epoca in cui tutto il mondo sembra più vicino e a portata di mano grazie a voli low cost e alberghi all-inclusive.

Tuttavia quando torno in Italia e nel mio Oltrepo', ci metto davvero poco a sentir di nuovo il sangue scorrere nelle vene bramoso di nuove mete locali.
Cosi armato di sesto senso, di macchina fotografica e di tanta voglia di scoprire parto anche questa volta con il mio compagno di viaggio alla volta della valle Staffora.
Oggi il cielo è nuvoloso e il giorno precedente ha piovuto ma nonostante ciò si comincia ad intravedere un po di azzurro e di blu qua e la e il tempo va via via migliorando, l'aria è fresca e si respira odore di campi.



Passiamo da Rivanazzano e Salice per scattare un paio di foto al Castello di Nazzano che svetta in mezzo al blue.
Un contrasto bellissimo con il verde dei prati appena sotto il maniero.


Anche quando ci allontaniamo prendendo la strada sulle colline dalla parte opposta la visuale del castello è sempre suggestiva.


Ancora qualche istante per godere della vista e poi via verso la strada che passa per il castello di Montalfeo.


Rubo un foto al castello e poi continuiamo lungo la strada fino a Godiasco.
Prima di giungere al paese mi fermo un secondo a lato della strada per immortalare i campanili del paese e una vista della valle che , li per li, mi ricorda villaggi arroccati sulle valle trentine piu che paesaggi della valle che sale fino al Brallo.


Passiamo il paese e saliamo lungo la statale fino a Ponte Nizza.
Come sempre il mio occhio cerca avido le segnalazioni stradali di colore marrone a rappresentare chiese , abbazie e luoghi turistici in generale.
Stavolta mi casca sul cartello “Eremo di Sant'Alberto di Butrio”.
È una di quelle diciture che gira nella mia testa ma non ho mai un'idea chiara di cosa sia.
Fa parte dei posti quasi mitologici di cui le generazioni precedenti parlano spesso ma sembrano avvolti da una nebbia indissipabile che negli anni, crescendo li ha avvolti fino a lasciarmi in testa un'immagine dettata dalla mente e non veritiera del posto.
Ecco arpionata la mia preda di oggi!
Prendiamo la strada per la val di Nizza e seguiamo le indicazioni su fino a Pizzocorno per poi continuare lungo la strada provinciale 137.
Poco dopo incontriamo la deviazione per l'eremo; una stradina larga appena per una macchina con alcuni spiazzi in caso di traffico in direzione opposta.
Con molta calma , con la strada che serpeggia in mezzo ad un bosco, procediamo lungo il percorso guardando ad intervalli regolari verso la sinistra dove a tratti fra le foglie si vede il la piccola abbazia.


Poco dopo arriviamo allo spiazzo del parcheggio.
Dinnanzi a noi l'eremo , a sinistra un sentiero e una casetta di legno usata come rifugio lungo la strada dei pellegrini.
Alle nostre spalle un giardino con le stazioni della Via Crucis e alla nostra sinistra alcune tavole di marmo con diverse iscrizioni e un altro percorso.
Al nostro arrivo il posto è completamente desolato e questo accentua la sua idea di raccoglimento e ritrovo.
Prima di vedere la piccola abbazia voglio vedere la grotta nella quale Sant'Alberto andò a vivere come eremita.






Il sentiero a tratti scosceso e molto zuppo d'acqua porta ad un piccolo spiazzo al di sotto del quale è stato incanalato il torrente Butrio e , alla sua estremità ha per l'appunto una cappelletta all'interno della quale si può vedere la suddetta grotta.
È difficile pensare che davvero qualcuno potesse vivere in un posto cosi prima della edificazione della cappelletta ma è altresì vero che il posto, immerso nella natura e nel silenzio, è davvero lontano dalla civiltà e questo fattore va moltiplicato per ogni secolo che si va indietro nel passato.
Qualche istante per assorbire un po' quella realtà e pensare realmente a cosa significava vivere qui e poi di nuovo sui nostri passi verso l'eremo.


Il sole sta tramontando alle spalle del campanile creando un aura surreale di luce attorno alle campane.


Alla sua sinistra una statua del santo e piu avanti, scendendo alcuni scalini, l'ingresso.





Sono circa le 6 di pomeriggio e siamo arrivati ad un'ora dalla chiusura proprio all'inizio dei vespri.
Scendo i pochi gradini che portano al livello del pavimento della piccolissima chiesetta e comincio a guardare gli affreschi che decorano i muri tutt'intorno.






Un piccolo corridoio si allunga da qui verso l'altare mentre i pochi frati che vivono qui sono intenti a recitare i vespri.
Non mi va di fotografarli e già mi maledico ad ogni scatto quando , nonostante sia in modalità silenziosa, la mia reflex emette il suo click che per me che non voglio disturbare suona come un martello contro una incudine.
Con molta calma soppesando ogni singolo passo o movimento attraverso la minuscola navata in direzione opposta verso l'eremo vero e proprio e mi trovo a passare un piccolo confessionale e una salma in una teca di vetro raffigurante il santo che da il nome al posto.


Il negozietto è gia chiuso e la piccola scaletta che porta al chiostro, li da secoli, mi fa pensare a quante persone nei secoli l'hanno percorsa per aver levigato cosi i suoi gradini.



Abbiamo poco tempo e dobbiamo esplorare il posto con cura per non perdere alcun dettaglio ed è proprio facendo cosi che scopro un angolo in cui quello che leggo mi lascia in balia del fiume della storia umana.
Il cartello cita: prima tomba di Edoardo II d'Inghilterra.


Leggo avidamente la dicitura e praticamente vengo a scoprire che qui, dopo una lunga fuga in Europa, si è rifugiato il sovrano che successivamente è deceduto ed è stato sepolto nell'eremo.



Ricontrollerò più avanti su Internet per poi scoprire che il luogo dove il sovrano sia morto è ancora tutt'oggi in discussione.
Continuando nel corridoio delimitato dalle colonne a formare il chiostro interno, arrivo alla tomba di Cesare Pisano (Frate Ave Maria) che qui visse e che al momento è in attesa di essere beatificato.
Continuando lungo la scala a sinistra della stanza nella quale mi trovo ritorno al livello della chiesetta accanto alla salma (di cera) di Sant'Alberto passata in precedenza.
Ridiscendo le scala e stavolta vado verso il giardino.



Raccolto fra le mura e una ringhiera dalla parte opposta è il posto perfetto per attendere il tepore del mattino e veder morire il giorno la sera quando il sole scende fra le colline.


Il nostro tempo è scaduto e dobbiamo lasciare il posto a chi qui ha deciso di ritirarsi lontano dalla vita che noi siamo abituati a vivere a volte con noiosa monotonia.
Dettata dai ritmi frenetici a cui ci pieghiamo per non sentirci esclusi da quello che ci rende sociali.

è stata una toccata e fuga ma un pensiero, o meglio un segreto desiderio, mi affascina.
Mi chiedo come sarebbe passare qui un inverno dettato dalla regola monastica e lontano da tv, computer e contatti quasi dovuti regolarmente con il mondo esterno.
Riuscirei poi a reintegrarmi in quel mondo che ti dice troppo spesso: non ti sei collegato su internet ieri, dove eri?
La vita che viviamo oggi è reale o virtuale?
Io sono stato realmente all'eremo e ho toccato con mano le sue pietre e i suoi secoli che saranno qui anche dopo di me.
Qualcuno farà sua questo mio post e le sue foto o deciderà che per capirlo non bastano 4 righe su un blog ma bisogna voler venire qui?

Forse un po troppe domande per quello che doveva solo essere un giro in macchina a caso per la provincia.
Muore il giorno e scende un altra volta il sole alle spalle delle colline.
Non faro' mai il monaco ne passero il famoso inverno all'eremo ma forse venire qui è servito comunque a farmi pensare e riflettere.
Probabilmente per me e il mio compagno di viaggio c'è di più di quello che abbiamo visto e compreso in questo posto ma forse l'atto di pensare e riflettere è proprio quello che ci si può augurare di portare con se dopo una visita qui a mezzora di macchina da dove la vita continua a scorrere frenetica senza mai tempo per nulla di non materiale.