Può essere il caso o una
approfondita ricerca a portartici e, ambedue, sono validissime.
È invece vero che quando
ti prende il desiderio di scoprire non puoi rimandare e devi per
forza prendere e partire alla ricerca di qualcosa, qualunque essa sia
E qualcosa, nell'Oltrepo',
la si trova sempre.
Così accade una sera
quando, in un cassetto di una vecchia scrivania, trovo uno stradario
degli anni 80 del Touring Club.
Una lieta scoperta; quasi
un incontro dopo tanti anni.
Infatti come posso
dimenticarmi questa copertina verde?
Erano i fedeli compagni di
viaggio quando, da bambini, si andava in vacanza coi genitori.
E come dimenticarli quando
durante le interminabili ore di macchina venivano riposti nel tascone
dietro al posto del guidatore?
Non nascondo una certa
emozione nel ritrovarli e uno tsunami di ricordi.
Oltre ad essere
estremamente utili, ancora più importanti sono sicuramente le loro
mappe così ricche di dettagli.
Un equivalente moderno di
un Google Maps.
Forse anche meglio.
È vero che la tecnologia
prende il sopravvento sulle nostre vite ma gli stradari non hanno
bisogno di un buon segnale per collegarsi a internet e non ci sono
sono foto spoiler di quello che troverai giunto a destinazione.
Non perdo tempo e guardo
subito cosa le pagine mi suggeriscono nei dintorni e così, dopo
poco, scovo un piccolo disegno a forma di chiesetta.
Non resisto.
Macchina fotografica,
stradario, cellulare e via verso la meta.
Lasciandomi Voghera alle
spalle proseguo in direzione Casei Gerola e quando la passo proseguo
in direzione Cornale.
Non posso non pensare allo
zuccherificio che qui esisteva una volta, pensiero comune a tutti
quelli come me cresciuti in zona.
Ad ogni modo continuando
lungo la strada non ho voglia di fare il ponte che porta a
Sannazzaro, voglio qualcosa di nuovo.
Cosi seguendo i cartelli e
varie indicazioni scopro un altro ponte sul Po di cui ignoravo
l'esistenza.
Svolto verso sinistra in
direzione Molino dei Torti e continuo fino a sbucare sulla Strada
Statale 211 che collega Sale a Mortara.
Giro a destra e passo su
questo semplice ponte senza travi gigantesche d'acciaio,
È il tramonto e il sole
fa capolino fra le fronde degli alberi sul lato opposto del fiume.
Quando si incontrano, gli
ultimi raggi e le complesse anse elaborate del Po, generano lingue di
fuoco sull'acqua.
Al di la del ponte riecco
la campagna e Pieve Del Cairo, posto che da bambini ha un aria
mistica vista l'associazione del nome con la capitale dell'Egitto.
Resto fuori dal paese e
svolto prima a sinistra lungo la Strada Provinciale 4 e, a Gambarana
giro a sinistra sulla Strada Provinciale 156 (SP14 per il primo
tratto).
Se non fosse per lo
stradario non noterei nemmeno la stradina sterrata che sulla sinistra
porta all'Abbazia.
Forse è proprio questo il
bello di uno stradario; non ti dice quale sia l'accesso principale ma
te lo lascia scoprire.
Qualche buca riempita con
vecchi cocci e mattoni rossi, il segno delle dentature dei pneumatici
dei trattori e qualche vecchia pozzanghera che ormai è argilla quasi
secca; questa la classica stradina di campagna che porta ad un gruppo
di vecchi caseggiati.
L'abbazia è la parte più
vecchia e il borgo attorno ad essa è sorto successivamente.
Risale al XII secolo e
deve al suo nome ad un canale che li vicino collegava al Po.
Una volta c'era anche un
monastero a sud della abbazia di cui non rimane nulla.
È strano vedere
appartamenti su due piani in aperta campagna e vedere un paesino cosi
piccolo ruotare attorno a questa abbazia.
Si ha l'impressione che
qui si viva fuori dal tempo e fuori dal mondo.
Passano i secoli ma è un
posto davvero ancora raccolto in se stesso.
Parcheggio e un vecchio
che passa in bicicletta indugia un po' nel vedermi fermare.
Mi sento osservato ma sono
anche le 9 di sera e non credo ci passi molta gente qui.
Scendo sentendomi un po in
soggezione e timidamente comincio ad avvicinarmi alla abbazia con in
mano la macchina fotografica.
Faccio solo due o tre foto
visto che c'è poco da vedere da fuori e, purtroppo per me, la porta
è chiusa.
Che peccato!
Comincia a crescere in me
una sensazione di estraneità, mi sento fuori posto.
Quasi alla presenza si un
titano che dorme da secoli e non lo si vuol svegliare.
Forse è solo il contrasto
con l'altra visita fatta solo qualche giorno prima a Breme, dove
tutto era visitabile, a farmi sentire così.
Non sembra un posto da
turisti ma ci sente più come ad entrare sull'aia di qualcuno.
Con questi pensieri e quel
sapore dolce-amaro di una parziale vittoria riprendo la strada verso
casa.
La strada del ritorno non
me la ricordo nemmeno, sembra anzi che mi sono teletrasportato a
casa.
Non riuscivo a togliermi
dalla testa il pensiero di una piccola comunità così remota.
Sono incapace di
catalogare questo posto paragonandolo alle mie precedenti esperienze.
Anche il fatto che mi
aspettavo di poter entrare nell'abbazia e non ci sono riuscito ha il
suo peso.
Concludendo penso che se
vi piace l'idea della comunità remota sviluppatasi attorno ad un
centro religioso dovete assolutamente venire qui perché sembra sia
uno spaccato della vita di tanto tempo fa che, anche se aggiornata
nell'abbigliamento delle sue comparse, trasuda ancora il profumo del
tempo che fu.
Forse uno scorcio su “Il
Nome della Rosa”.
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Lì ci sono nato e battezzato nel 1960, io l'ho vista viva la comunità agricola che la occupava. mio zio era il " fittavolo" cioè colui che affitta la terra per lavorarla e la mia famiglia lavorava per lui. C'erano le stalle con mucche, cavalli e trattori con le ruote sottili per i campi di riso. mia mamma ha fatto la mondina. Ricordo che c'era la taverna, unico ritrovo per quegli uomini che si ammazzavano di lavoro tutto il giorno e la sera si trovavano a giocare a carte e bere un bicchiere di vino. io nacqui ancora in una casa medievale attorno alla chiesa poi subito abbattuta nei primi anni sessanta e al loro posto le case che si vedono adesso; allora case di lusso con bagno in casa. Ognitanto ci ritorno sebbene poi la mia città divenne Milano, oggi a 64 anni questi posti mi richiamano i ricordi da bambino, i miei cugini, le rogge il caldo infernale dell'estate con zanzare e mosche e il freddo intenso dell'inverno con la neve, la nebbia sempre presente. Oggi il villaggio è abbandonato e va in rovina.
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